Poesia Festival ’17. Intervista a Vivian Lamarque
Tra gli ospiti presenti a Poesia Festival ’17 (ne abbiamo parlato qui), ci sarà anche Vivian Lamarque, la poetessa i cui versi ci hanno sempre emozionato e fatto sognare.
È nata a Tesero (Trento) nel 1946, a nove mesi ha cambiato città e famiglia, a dieci ha scoperto di avere due madri e ha iniziato a scrivere le prime poesie. Ha lavorato come insegnante e tradotto Valéry, Baudelaire, Prévert, Wilde. La sua prima raccolta poetica, Teresino, ha vinto nel 1981 il Premio Viareggio Opera Prima. Autrice anche di molte fiabe, ha ottenuto il Premio Rodari (1997). Gran parte della sua produzione poetica è stata raccolta in “Poesie 1972-2002” edito Oscar Mondadori. Nel 2016 ha pubblicato “Madre d’Inverno”, libro che sancisce il suo ritorno nella scena poetica italiana.
La poesia di Vivian ci ha sempre affascinato ed emozionato. I suoi versi delicati e leggeri ci hanno portato in nuovi mondi dai colori pastello, che difficilmente abbiamo voluto lasciare. Ma Vivian non è solo questo, tra le sue composizioni troviamo anche quelle dalle tematiche più forti e cupe legate al trauma dell’adozione e alla guerra.
Quest’anno la ritroviamo ospite, sabato 23 settembre, di uno dei festival più importanti d’Italia. Ma non si tratta della prima volta, già nel 2012, infatti, la poetessa aveva portato la sua leggerezza nei comuni di Modena.
Non ci siamo, dunque, fatte sfuggire l’occasione di farle qualche domanda.
Anzitutto la ringraziamo infinitamente per la sua disponibilità.
Sarà ospite di “Poesia Festival” sabato 23 in cui leggerà alcuni versi tratti dalla sua ultima raccolta.
Dopo le figure maschili a cui ha dedicato poesie e titoli di raccolte come “Teresino” o “Il Signore d’oro”, adesso un libro che ha per titolo “Madre d’Inverno”.
La madre è il personaggio principale. La madre che mi ha accolta quando già avevo nove mesi. Alle sue spalle, la prima e l’ultima volta che la vidi, la stagione Inverno.
Nella prima sezione del libro “Poesie ospedaliere” sta terminando la sua lunga vita, 96 anni, in un letto d’ospedale. È il suo tramontare ma, come mi testimoniano sempre con commozione i lettori, è anche quello delle madri loro: guai al poeta autobiografico se non fosse anche universale.
Nella sezione seguente, “Ritratto con neve”, la madre è ormai diventata un ritratto. Sta lì, di fronte a me che la guardo dal divano, ma qualcosa si frappone. Nella terza, “Compro Oro”, ricompare in tutta una serie di flash back, generosa, tormentata, indomita, vivente, vivissima, “sapevi cucire / tutto il contrario del morire”.
Nella quarta, “Madre l’altra”, affiora la madre biologica, che mi tenne per nove mesi, che conobbi a 19 anni, che frequentai clandestinamente sino alla sua morte, se frequentazione possono chiamarsi tazze di tè offerte in salotto.
Nella quinta, “Ipotesi sul dimenticare”, mi interrogo sia letteralmente che metaforicamente sul significato delle amnesie che accompagnano l’ultima età della nostra vita.
Nella sesta sezione, “Dedicate”, ricompaiono molti protagonisti dei libri precedenti, anche il Signore d’Oro ( ora uscito in lingua inglese) trasformati dall’azione del tempo eppure anche immutati. Si chiude con versi dedicati a me stessa, “Basta basta noi già vecchi / con le nostre vecchie storie di orfanità! / Siamoci noi a noi stessi padri / di tutte le mancate età, così / come fanno i fili d’erba / spuntati da fili già falciati / e con questo?”. Infatti le nuove poesie che sto scrivendo sono poesie d’amore, anzi, di quasi amore.
Nella settima e ultima sezione, la protagonista è la mia coinquilina da quando avevo dieci anni: “Coinquilina poesia”.
Lo stesso giorno parteciperà ad un dibattito sull’Alzheimer. Ce ne parli.
Il dibattito muove dal libro di Franca Grisoni “Alzheimer d’amore” (ed. Interlinea) che ben risponde a questi interrogativi nella sua introduzione. Io leggerò la poesia dedicata a mio fratello Marzio, ordinario di Filosofia della Storia a Firenze, che dovette lasciare l’insegnamento colpito da un precoce Alzheimer. Anche con i miei versi di “Ipotesi sul dimenticare” cerco, con magri risultati, qualche vaga risposta.
Patrizia Cavalli scrisse: “Le mie poesie non cambieranno il mondo”, lei ha risposto che sì, la poesia riuscirà in questo intento. Crede ancora in questa idea?
Abbiamo ragione tutte e due io e Patrizia Cavalli. Lei di disperare e io di sperare. Nelle prime edizioni del mio libro, nella mia poesia “Cambiare il mondo” è presente solo un “forse”. Nella nuova edizione in corso ho modificato molte poesie e a “Cambiare il mondo” ho aggiunto, sparsi nei nove versi, quattro o cinque “forse” in più! Eppure, più ne aggiungevo, più sentivo in me fortificarsi, con il dubbio, anche la speranza.
Qual è lo stato di salute della poesia italiana e internazionale oggi?
Penso che l’una e l’altra offrano, proprio come la salute di ognuno di noi, continue alternanze via via di buona mediocre discreta pessima e ottima salute. Chiudo “Madre d’inverno” con i versi “… siamo piccole voci per un coro grande, voci tutte diverse / avanti che c’è tempo, che c’è posto / per tutti (quasi tutti)”.
Appuntamento, quindi, a sabato 23 settembre alle ore 15.30 a Castelnuovo Rangone, presso la Sala delle Mura, Vivian Lamarque leggerà le sue poesie e dialogherà con Roberto Galaverni.
Alle ore 17.30 a Vignola presso la Sala dei Contrari, “L’Alzheimer: la malattia, la cura, l’amore, la poesia”.
La dimensione sanitaria, sociale e poetica di un male del nostro tempo indagata dagli specialisti in un incontro tra scienza e poesia, tra dolore e ricordi, seguendo le valenze etiche, le problematiche psicologiche e sociali dell’essere, forse tutti, senza memoria.
Con il Presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, il dottor Marco Trabucchi, il giornalista Michele Farina, autore del libro “Quando andiamo a casa? Mia madre e il mio viaggio per comprendere l’Alzheimer. Un ricordo alla volta” e Franca Grisoni curatrice dell’antologia “Alzheimer d’amore. Poesie e meditazioni su una malattia” con i poeti Vivian Lamarque, Alberto Bertoni e Davide Rondoni.
Coordina Marco Franchini, presidente dell’ASP di Vignola.