L’unicità dello stile di Elizabeth Bishop | L’Altrove
Elizabeth Bishop scrisse relativamente poco, pubblicò circa cento poesie in quasi sessant’anni di attività, ma ciò le bastò per farle vincere numerosi premi e riconoscimenti, il Pulitzer nel 1956 e il National Book Award nel 1970 fra i tanti. Paradossalmente, la popolarità della Bishop, per quanto la sua poesia possa essere popolare, deriva dal suo isolamento, dalla sua individualità; sembra felice di rimanere in parte nascosta, si fida del lettore come di un amico segreto segreto.
La carriera di Elizabeth Bishop però sembra quasi destinata a continue discussioni e dibattiti a causa del suo rapporto con due poeti con stili diametralmente opposti: Robert Lowell e Marianne Moore. Il rapporto con entrambi questi poeti ha creato una tensione tra i loro approcci opposti alla poesia. A questa tensione, la Bishop rispose creando uno stile che soddisfò sia quello confessionale di Lowell che quello più conservatore della Moore.
La discussione critica che circonda Elizabeth Bishop si concentra quindi su questi due diversi aspetti della sua scrittura. È indubbio che essa sia brillante, acuta, perfetta nella forma.
La Bishop cercò di fornire rappresentazioni perfette del mondo reale attraverso la sua poesia, è riuscita a descriverlo così bene da comunicare qualcosa di essenziale. Allo stesso tempo, il lato più personale ed emotivo della sua poesia è ampiamente apprezzata.
La poesia confessionale degli anni ’40 fino al ʼ60 diede ai poeti americani uno modo per esprimere le loro esperienze ed emozioni personali e “Life Studies” di Robert Lowell venne come il punto di riferimento nello sviluppo della moderna poesia confessionale.
La poesia della Bishop, tuttavia, non rientra esattamente in questa categoria di “confessionale”, anzi la stessa poeta si oppose categoricamente alla poesia confessionale per gran parte della sua carriera, tuttavia non poté evitare che parte delle sue esperienze e dei suoi viaggi in terre straniere, del ricordo della sua infanzia si insinuasse nella sua poesia.
Ma per capire lo stile unico della Bishop bisogna proprio partire da Moore e Lowell, che l’hanno influenzata per tutta la sua carriera. Per la Moore, Elizabeth Bishop nutriva un timore reverenziale; “L’ho vista solo due volte e penso di avere abbastanza aneddoti su cui meditare per anni”, scrisse in una delle sue lettere. Ma soprattutto la Moore ebbe per lei dei riguardi quasi materni ed ha in qualche modo eliminato il vuoto lasciato dalla morte della madre, fornendo supporto e guida alla più giovane poeta.
L’influenza della poeta, in quegli anni più affermata, si riversò sulla scrittura della Bishop, che iniziò a seguirne lo stile, visibile nella notevole abilità di precisione, nell’impegno per l’accuratezza, nella saggezza del tono. La poesia di Bishop The Fish (Il Pesce) esemplifica queste caratteristiche dell’influenza di Moore.
The Fish
I caught a tremendous fish
and held him beside the boat
half out of water, with my hook
fast in a corner of his mouth.
He didn’t fight.
He hadn’t fought at all.
He hung a grunting weight,
battered and venerable
and homely. Here and there
his brown skin hung in strips
like ancient wallpaper,
and its pattern of darker brown
was like wallpaper:
shapes like full-blown roses
stained and lost through age.
He was speckled with barnacles,
fine rosettes of lime,
and infested
with tiny white sea-lice,
and underneath two or three
rags of green weed hung down.
While his gills were breathing in
the terrible oxygen
—the frightening gills,
fresh and crisp with blood,
that can cut so badly—
I thought of the coarse white flesh
packed in like feathers,
the big bones and the little bones,
the dramatic reds and blacks
of his shiny entrails,
and the pink swim-bladder
like a big peony.
I looked into his eyes
which were far larger than mine
but shallower, and yellowed,
the irises backed and packed
with tarnished tinfoil
seen through the lenses
of old scratched isinglass.
They shifted a little, but not
to return my stare.
—It was more like the tipping
of an object toward the light.
I admired his sullen face,
the mechanism of his jaw,
and then I saw
that from his lower lip
—if you could call it a lip—
grim, wet, and weaponlike,
hung five old pieces of fish-line,
or four and a wire leader
with the swivel still attached,
with all their five big hooks
grown firmly in his mouth.
A green line, frayed at the end
where he broke it, two heavier lines,
and a fine black thread
still crimped from the strain and snap
when it broke and he got away.
Like medals with their ribbons
frayed and wavering,
a five-haired beard of wisdom
trailing from his aching jaw.
I stared and stared
and victory filled up
the little rented boat,
from the pool of bilge
where oil had spread a rainbow
around the rusted engine
to the bailer rusted orange,
the sun-cracked thwarts,
the oarlocks on their strings,
the gunnels—until everything
was rainbow, rainbow, rainbow!
And I let the fish go.
Negli anni successivi la scrittrice riacquistò autorità riguardo la sua poesia, nel frattempo si rivolse per la prima volta a Lowell, che aveva scritto una recensione su Nord e Sud, il primo libro, in risposta a questa, la Bishop scrisse a Lowell che la sua era «l’unica recensione che va in quello che penso sia il modo giusto». Questa iniziale corrispondenza tra i poeti fondò un rapporto di amicizia che sarebbe stato influente per tutta la vita e la carriera poetica della Bishop. Per lei, Lowell rappresentava il poeta serio che desiderava essere, presentando anche uno stile di poesia molto diverso da Moore, cosa che la attirava molto.
Da questa curiosità nacque la poesia Sestina che riflette l’affinità per il lato emotivo e personale dello stile di Lowell.
Sestina
September rain falls on the house.
In the failing light, the old grandmother
sits in the kitchen with the child
beside the Little Marvel Stove,
reading the jokes from the almanac,
laughing and talking to hide her tears.
She thinks that her equinoctial tears
and the rain that beats on the roof of the house
were both foretold by the almanac,
but only known to a grandmother.
The iron kettle sings on the stove.
She cuts some bread and says to the child,
It’s time for tea now; but the child
is watching the teakettle’s small hard tears
dance like mad on the hot black stove,
the way the rain must dance on the house.
Tidying up, the old grandmother
hangs up the clever almanac
on its string. Birdlike, the almanac
hovers half open above the child,
hovers above the old grandmother
and her teacup full of dark brown tears.
She shivers and says she thinks the house
feels chilly, and puts more wood in the stove.
It was to be, says the Marvel Stove.
I know what I know, says the almanac.
With crayons the child draws a rigid house
and a winding pathway. Then the child
puts in a man with buttons like tears
and shows it proudly to the grandmother.
But secretly, while the grandmother
busies herself about the stove,
the little moons fall down like tears
from between the pages of the almanac
into the flower bed the child
has carefully placed in the front of the house.
Time to plant tears, says the almanac.
The grandmother sings to the marvelous stove
and the child draws another inscrutable house
Questa dicotomia di stili aiuta a separare la poesia di Bishop in due gruppi in base al loro trattamento dell’argomento. Il primo gruppo può essere definito descrittivo e oggettivo, che segue quindi lo stile della Moore. Ciò includerebbe poesie come The Map, The Fish o Filling Station. Si può definire il secondo gruppo di poesie come più personale, introspettivo ed emotivo, che si avvicina, invece, al stile di Lowell. Questo gruppo includerebbe poesie come Insomnia, One Art e Crusoe in England.
Ma esaminando il lavoro personale ed emotivo di Elizabeth Bishop, si vede che il divario tra la precisione oggettiva di Moore e l’esplicita e bruciante onestà di Lowell, è colmata dalla creazione di uno stile unico, quello proprio della Bishop. Da qui l’idea che l’influenza poetica non rende necessariamente i poeti meno originali; spesso li rende più originali.
Attraverso questo metodo di scrittura, Bishop immerse le sue emozioni nella profondità dei termini e del linguaggio che usò.
Tuttavia spesso espresse la sua preoccupazione per il fatto che non avesse una voce poetica definita. Quando una volta le fu chiesto se avesse “sempre avuto un vero senso della tua voce poetica”, rispose: «No, non l’ho fatto. Questo mi dava molto fastidio e lo fa ancora. Ero preoccupata che non ci fosse un tema distinguibile tra le poesie». Con il progredire della sua carriera, non solo era preoccupata che la sua poesia non fosse correlata, ma anche che fosse troppo simile allo stile di Robert Lowell o che non si fosse allontanata abbastanza dal meticoloso conservatorismo di Marianne Moore. Ma mentre faceva affidamento sulle influenze di entrambi i poeti, la tensione dei loro stili di scrittura completamente opposti aiutò la Bishop a definire la propria voce poetica.