Poesie di Giuseppe Carlo Airaghi | L’Altrove
Da I quaderni dell’aspettativa e Quello che ancora restava da dire.
Sul bordo delle cose
Si finisce così a guardare il mare
nei vuoti pomeriggi di inverno,
a cercare la linea dove diventa cielo
si capovolge e ci confonde.
Si finisce così a scrivere parole
sui bordi bianchi dei giornali,
a vederle bruciare
e confondersi con la nebbia.
Excusatio non petita…
Nato in un paese di modesti temporali,
in un tempo rassegnato alla brina,
non mi resta che ambire
ad una mediocrità accettabile,
guardare scivolare le nuvole
oltre la linea affilata dei tetti
mentre con il coltello da cucina
tolgo le punte ai fagiolini
e canto canzoni a bocca chiusa.
Il poeta delle nuvole
L’enigmista intimista osserva
la foglia fremere fuori
dalla finestra chiusa della cucina
mentre raschia il fondo
di un barattolo di gelato,
della propria decorosa disperazione,
della propria indispensabile ispirazione
e intanto freme
a quel fremere al vento
che staccherà la foglia dal ramo
e freme leccando il cucchiaio
nell’agonia della poesia,
nella poesia dell’agonia,
sincero come il candore di un bimbo
che schifa i baci della nonna
ma pretende comunque
il regalo promesso.
La persecuzione della memoria
Oltre alle incognite incomprese,
che non mi impegnai neppure a interpretare,
anche il resto appare confuso,
come pure l’amaro rimasto
nella bocca serrata per rabbia,
le parole d’amore dovute
rimaste impigliate tra i denti.
Certo non sarà semplice nominare
per filo e per segno testimoniare
tutto lo sforzo profuso per approdare
a questo bordo precario di tempo,
per ripudiare ciò che avrebbe potuto
e oggi non è,
ma sopra ogni cosa
non sarà semplice affermare
se veramente ne sia valsa la pena.
Tutta la verità non si può dire,
se si vuole sottrarsi al dolore,
non resta che annotare le frasi di rito,
quelle che non suonino come un’offesa,
che se non riscuotono consenso
perlomeno inducano
ad una sorta di clemenza.
Molto di noi era già scritto
Nella febbre del risveglio,
tra le voci fuori fuoco del ritorno alla luce,
al di là della mano che apriva la porta socchiusa
e spandeva inconsapevoli carezze,
riconquistavo gradualmente i gesti
mentre fuori progrediva il giorno.
“In primo piano una rosa odorosa
che abbraccia e trafigge,
in controcampo sfuocato
la felicità modesta del piccolo cortile
benedetto dalla luce del mattino,
dall’esplosione silente del gelsomino,
dalle biciclette poggiate al muro,
in attesa”.
Tutto di noi era già scritto in quelle albe,
in quegli armadi stipati,
in quelle stanze dai soffitti altissimi,
in quegli abiti lasciati alla rinfusa sopra il letto,
nei libri non letti impilati sul comodino,
nella cortesia di un caffè già preparato
in attesa del risveglio.
L’AUTORE
Giuseppe Carlo Airaghi è nato e vive in provincia di Milano. Ha pubblicato le raccolte di poesia “I quaderni dell’aspettativa” (Italicpequod, 2019), “Quello che ancora restava da dire” (Fara Editore, 2020) e il romanzo “I sorrisi fraintesi dei ballerini” (Fara Editore 2021). Suoi componimenti sono inclusi in “iPoet Lunario in Versi 2019” (Lietocolle, 2019) e sulle pagine web delle riviste letterarie “Versante Ripido”, “Il Punto Almanacco di poesia”, “Il raccoglitore”, “LiberoLibro”, “Suite Italiana”, “Il Visionario”, “Kult Underground”, “Poesia Ultracontemporanea”, “Centro Culturale Tina Modotti” e “Poeti Oggi”.